martedì 12 gennaio 2016

Giorno 12 - Il taglio cesareo

Giorno 12 - 12 Gennaio 2016 

Sono passati quasi sei mesi da quando, con un taglio cesareo inaspettato (ma molto molto sperato) è nata mia figlia Rossella Maria. Oggi niente nomignoli e niente fronzoli, voglio provare ad essere seria per una volta. Vabbè, non al cento per cento che non mi confá. 
Il 15 luglio 2016, alle 10 di una mattinata calda e assolata, ero sola in casa a scattarmi foto al pancione. Ero alla fine della trentottesima settimana; avevo i polsi, le dita e le caviglie gonfie. Giravo per casa in mutande e magliette larghe che erano diventate crop top. 
Erano le dieci di mattina quando, mentre scattavo foto al pancione, mi sono ritrovata in una pozza d'acqua. Sul mio bellissimo divano in pelle martellata color miele. Non avevo dolori ne fastidi, solo un gocciolio costante di acqua bollente da laggiù. Chiamo Pisolo e gli dico che, credo, mi siano rotte le acque. Lui si precipita a casa, le valigie stavano davanti la porta d'ingresso già da qualche giorno perché un paio di giorni prima la ginecologa aveva provato a scollarmi un po' le membrane. Io con tutta la calma di questo mondo, che non credevo proprio di possedere, mi tolgo la maglia, zuppa anche quella non so come, le mutandine, mi infilo in doccia e mi preparo per andare al PSO. 
La giornata si sussegue con controlli, visite, tracciati, medici e ostetriche, donne in travaglio e corsie di pronto soccorso. Sono le quattro di pomeriggio, e io continuo a sgocciolare, quando il medico di guardia decide di mandarmi a casa. Mi dice che, non essendoci contrazioni, devo aspettare a casa che cominci il travaglio prima di ritornare in pronto soccorso. Si dice che una donna a cui si rompono le acque abbia dall' alba al tramonto per partorire e io avevo già sprecato più di sei ore. 
In tutto questo, il pannolone che mi avevano messo le infermiere era zuppi di nuovo. Decido di chiamare la mia ginecologa -che, devo dirlo, per me è stata più di un angelo- e chiederle il da farsi. Lei mi dice, e conferma i miei sospetti, che non devo andare da nessuna parte con le acque rotte e in meno di un' ora mi ricoverano. 
Ormai perdevo liquidi da ore e ore. Un giorno quasi. Erano le sei di pomeriggio quando mi hanno attaccato all' ennesimo tracciato della giornata che confermava che c'era qualche contrazione forte, che io non sentivo e come una stupida pensavo che se il travaglio era quello non avevo di che temere, ma niente di importante. 
Alle otto di sera mi raggiunge la mia dottoressa che propone la stimolazione per fascetta dato che erano passate già tante ore. Mi avverte che quello avrebbe fatto un po' più male di un travaglio normale. Dopo un' ora e mezza dall' inserimento della fascetta di prostaglandine avevo dei piccoli dolorini, simili a quelli del ciclo, ma niente di eclatante. Alle ventitré, da un minuto all'altro, mi arrivano quelle contrazioni. Quelle che ti levano il fiato. Quelle che non ti danno tregua. 
Un dolore acuto, assordante, che non saprei a cosa paragonare. Un dolore che ti parte dalle viscere e ti prende in testa. 
È così fino alle quattro del mattino, senza sosta tra una contrazione e l'altra perché indotte. È così fino a che non supplico la mia dottoressa di chiamare l'anestesista. Dopo l'ennesima visita interna di quella giornata infinita mi comunicano che non ho dilatato nemmeno due cm e che se mi fanno l'epidurale potrei ritrovarmi al momento dell' espulsione senza anestesia. Non mi importa, il dolore è accecante, una sola contrazione in più e mi sarei buttata dalla finestra della mia stanza d' ospedale. Il dolore è stato atroce, indescrivibile e mi sono pentita ogni singolo istante di quelle lunghissime ore di travaglio di non aver chiesto il cesareo subito. Le condizioni c'erano, avevo le acque rotte da troppo tempo e la bambina doveva nascere eppure mi sono lasciata convincere a tentare il parto naturale. Perché la credenza è questa: se non partorisci naturalmente non sei una mamma. Se non soffri come un cane, se magari chiedi una via di sofferenza più breve non sei all' altezza. È questo che leggo negli occhi di chi mi chiede del parto. "Ah, hai fatto il cesareo? Ti sei risparmiata una gran fatica..." 
Sono le quattro e mezza del mattino quando mi scendono in sala parto. Mi dividono pochissimi minuti dalla puntura sulla schiena che mi salverà dall' impazzire. 
Mi siedo sul lettino e devo rimanere immobile. Sono tra le braccia dell' ostetrica che mi accarezza i capelli e mi aggrappo a lei per non gridare, per non accasciarmi a terra perché le contrazioni non mi danno tregua e io devo rimanere immobile mentre mi infilano l' ago per l' anestesia. 
Pochi minuti e tutto svanisce. 
Quel liquido magico fa sparire ogni dolore. Non sento più nulla. La pace. 
Mi attaccano nuovamente al tracciato per monitorare la lunghezza delle contrazioni mentre io scherzo con il medico che mi ha appena assopito il dolore giurandogli amore eterno sotto gli occhi imbarazzati di Madre e divertiti della mia ginecologa. 
Il travaglio io me lo sono fatto, indotto, ed è stato terribile. Ho giurato di morire ad un certo punto. Ero talmente annebbiata che ho sperato che finisse tutto. 
Alle cinque e mezza del mattino mi sale la febbre altissima e la piccola è tachicardica: cesareo d'urgenza. 
Alle cinque e quarantanove del sedici luglio duemilaquindici vedo una massa di capelli scuri e un sederino rosa e poi crollo. 
Il resto è storia. È la storia di come riprendersi da un taglio cesareo non è una passeggiata e a quelle che si sentono "più mamme" perché hanno provato il parto naturale voglio dire che non importa da dove o come escano, essere mamma è tutto quello che viene dopo. Per me dopo sono venute settimane in cui faticavo a camminare. Giorni in cui ero talmente imbottita di antidolorifici e sensi di colpa per non potermi prendere cura della mia piccolina come si deve che le lacrime cadevano giù come neve a dicembre sulle Dolomiti. 

Questa è la storia del mio Taglio Cesareo. Un taglio cesareo che io ho fortemente voluto fin dall' inizio e che, se avessi ascoltato il mio istinto, mi avrebbe risparmiato un sacco di sofferenza in più. Perché, ripeto, non è il come partorisci che tanto sempre male fa, a fare di te una mamma. 
Non voglio più sentir sminuire questo tipo di parto e non voglio più dovermi giustificare dicendo che anche io ho sofferto. Non è una gara.

Colgo l'occasione per fare gli auguri a Claudia, mia cugina, che 25 anni fa nasceva con un taglio cesareo poco dopo la mezzanotte. 

Robi    






15 Luglio 2015 - Mezz'ora prima delle contrazioni
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