venerdì 14 gennaio 2011

Ciao Isabelle. L' anoressia ha segnato un' altra tacchetta sul muro delle morti.

Su Vanity Fair di questa settimana (uscito ieri per noi poveracci del sud, uscito l' altro ieri da Roma in su) vi è uno stupendo articolo che si intitola 'Come hai fatto a ridurre tua figlia così?'.
Un articolo che mi ha bagnato gli occhi e che riaccende quei fari, che mi auguro non si siano mai spenti, sull' ANORESSIA.
Una cosa che mi ha sconvolto, e devo ammettere non poco, è stato il fatto che la morte di Isabelle Caro sia passata in sordina: io ho scovato un articoletto su Vanity Fair della settimana scorsa e BASTA.
Isabelle Caro, qualora ve lo stesse domandando, è la modella francese protagonista della campagna shock di Oliviero Toscani:

Ma non è soltanto la carta stampata che ha deciso di ignorare la notizia: nessun blog di moda, nessuna pagina FB, nessun sito di gossip e quant' altro al quale sono iscritta ha pensato fosse il caso di parlarne.
Perché? Mi chiedo io. Perchè in Europa abbiamo saputo della sua scomparsa solo due mesi dopo? Perché nessuno ne parla? Eppure l' anoressia è una malattia che colpisce tantissime persone al giorno d' oggi. Perché nessuno si cura di gridare al mondo che un' altra ragazzina è morta inseguendo quella magrezza disumana che molte volte la moda propone?
Perché nessuno ha dato ad Isabelle (come a tante altre) l' amore che disperatamente chiedeva?
L' articolo del quale vi parlavo prima racconta del dolore per un malato di anoressia attraverso gli occhi dei genitori. Vi sono i racconti di due mamme ed un papà che spiegano il disagio che questo ha causato in loro perché quando si nomina un malato di anoressia non si va mai a scavare più di tanto. Perché l' anoressia ci fa paura, ci culliamo del fatto che a noi mai potrebbe capitare, ci vergogniamo per loro, pensiamo che i nostri figli o le nostre sorelle o -addirittura- noi stessi mai e poi mai potremmo essere così stupidi da cadere in quel baratro che è questa malattia.
E mentre Dolce&Gabbana hanno il coraggio di mandare gli scheletri sulla passerella e Tom Ford fa della sana Pedocouture con delle bambine di sei anni c' è chi soffre un po' anche a causa loro.

Ciao Isabelle. Isabellamente vostra, R.

6 commenti:

  1. Io ho saputo subito della sua morte, anche perché è un personaggio che ho sempre ammirato per la sua forza di spirito. Sarà sempre un grande idolo per chi come me lotta contro l'anoressia!
    In questi casi dico che "le sue idee non moriranno mai!"

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  2. Cara Miriam intanto grazie mille per il tuo commento e grazie sopratutto per aver condiviso con me la tua lotta.
    Non ti dirò mangia, non ci pensare, andrò tutto bene, credi in te o altre cose simili. Ti voglio dire solamente continua a lottare per te e per tutti quelli che ti amano.
    Con affetto R.

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  3. bravissima! Io ovviamente non ne sapevo niente, ma sono d'accordo con te, la sorella gemella di mia zia è anoressica ed è una cosa devastante, saranno 20 anni che entra ed esce dalle cliniche. una volta al mare è praticamente affogata.. E per quanto so che parte da un disagio interiore e affettivo la moda proponendo questi attacapanni ambulanti e non facendo modelli adatti a tagli e oltre la 40 ne è responsabile!

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  4. Neanchio sapevo nulla. Che certi stilisti continuino a proporre certi canoni lo trovo deplorevole, non credo che siano loro la causa di una tale malattia, ma certo non aiutano!

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  5. @Anna Solo adesso che la madre di Isabelle si è suicidata e il padre sta facendo un casino denunciando fotografi e stilisti la notizia della sua morte è venuta fuori. E' assurdo!
    La moda ha le sue colpe, grandi colpe, ma questo disagio ha delle fondamenta molto più solide che vanno aldilà di belle copertine (che di certo non aiutano) a mio avviso... Spero per tua zia che riesca a trovare l' uscita di questo labirinto... Davvero.
    @Marzia No! Non aiutano proprio, come ho appena scritto... L' unica cosa che mi da da pensare è che, pur essendo sempre più allarmante la situazione, nessuno fa nulla per cambiare le carte in tavola....

    Grazie mille per i vostri commenti, R.

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