giovedì 25 ottobre 2012

One way or another. Chapter 9




Nuoto lentamente fino al fuori bordo; mi arrampico sulla scaletta e lascio che le ultime gocce d’ acqua mi scivolino addosso per riunirsi al mare. Il sole è bollente e asciuga immediatamente il sale sulla mia pelle che sento tirare. Ho i capelli scombinati e appiccicati sul collo e sulla schiena come una coperta. Mi aggiusto in maniera maliziosa il bordo del pezzo di sotto del costume e risalgo lentamente la scaletta.
Sento gli occhi di Ettore sulla schiena, fissi come quelli delle guardie fuori Buckingham Palace. E’ in attesa di qualcosa, ma cosa? Cosa si aspetta che gli dica? Cosa si aspetta che faccia? Non rinuncerò alla mia vita, per come è ora, solo perché lui cinque anni fa non ha avuto le palle di dirmi come stavano le cose. 
‘Io vorrei crederti, davvero, ma le voci nella mia testa dicono che sei pazzo!’ dico senza guardarlo. Il mio tono scherzoso tradisce il fatto che in realtà vorrei credergli come se fosse un dogma.
‘Non posso darti torto’ sentenzia.
Si allontana piano sfiorando la superficie dell’ acqua con grazia e leggiadria. Vorrei fermarlo, gridargli di venire qui, accanto a me, e spiegarmi ancora perché. Ma che senso avrebbe? E se mi dicesse che in questi cinque anni il suo sentimento non è cambiato, mi aiuterebbe? No. 
Sento un moto di rabbia salirmi dentro: è giusto chiedersi cosa sarebbe successo se lui quel giorno avesse deciso di entrare nel bar di New York dove lavoravo? No, non lo è. Lui non merita più nemmeno un attimo della mia vita di ora. Mi hanno sempre detto che ‘Ora’ è il miglior momento della nostra vita e il mio ora appartiene a Giorgio. 
Ho sempre pensato che innamorarsi è facile: capita a tutti, capita sempre. Basta uno sguardo per innamorarsi di qualcosa e ancora meno per innamorarsi di qualcuno. Ci innamoriamo al supermercato di quel magazziniere atletico che sta sollevando tutte quelle scatole pesanti. Ci innamoriamo in macchina, ad ogni semaforo. Ci innamoriamo passando davanti una vetrina e dentro un centro commerciale. Ma amare è diverso; per amare ci vogliono le palle, ci vuole coraggio, ci vuole fede. Amare è scegliersi ogni giorno anche quando l’ altro è arrabbiato e ci ferisce. Amare è passare sopra al tappo del dentifricio che non viene mai avvitato e alle scarpe abbandonate per casa. Amare significa capire che i momenti di buio esistono e vanno superati, non accantonati. Amare è farsi la ceretta anche quando proprio non ne hai voglia. Amare è la rosa sul vassoio della colazione nel giorno del vostro anniversario e il bacio frettoloso prima di andare a lavoro. Amare significa restare anche quando le cose vanno di merda.
E Giorgio mi ama. Altroché se mi ama. Lui mi ha conosciuta in un momento in cui la mia vita era un disastro; un ammasso di macerie dentro un cuore devastato. Ed è rimasto: mi ha aiutato a mettere da parte i pezzi rotti della mia vita e, con amore e pazienza, li ha rincollati insieme a me.
Porto le gambe al petto e mi rannicchio nel vano sopra le eliche del motore. Davanti a me lo spettacolo di una natura che sembra fregarsene di quello che l’ uomo le combina intorno. Le rocce della scogliera che circonda l’ insenatura si lasciano bagnare i piedi senza protestare. Il cielo è limpido e sgombro di nuvole e uccelli: nessuno si merita di disturbare quella pace. Piccoli cespugli punteggiano la pietra di verde chiaro e scuro a seconda di dove batte il sole. 
Inspiro. L’ aria è pregna di salsedine e caldo. 
Espiro. Butto via i pensieri. 
La presenza di Ettore, accanto a me, nel mio spazio, è tangibile. Lo sento nuotare, l’ acqua si sposta leggermente facendo dondolare il gommone come una madre che spinge una culla per tranquillizzare suo figlio. 
La verità viene sempre fuori in un modo o nell' altro, è una delle regole fondamentali del tempo. E, quando viene a galla, può renderti libero o annullare del tutto quello per cui hai lavorato duramente. In realtà, la cosa peggiore che la verità possa fare è non renderti libero dopo averla detta, ma incatenarti per sempre. Ed Ettore sapeva bene come tenermi stretta a lui. Come una cinghia ha stretto attorno a me i giorni passati insieme lasciando che si presentassero ai miei occhi vividi come appena successi. 
Si avvicina alla scaletta e stringe i palmi umidi alle sbarre d’ acciaio. I muscoli che gli percorrono la pelle dell’ avambraccio si tendono. Fa forza sulle braccia e si distanzia dalla superficie dell’ acqua che lo lascia andare a fatica. Il corpo abbronzato e scolpito, quasi perfetto, si lascia accarezzare dalle gocce salate. 
Si muove tranquillo sul fuori bordo e si viene a sedere accanto a me. La sua coscia tornita è ad un passo dalla mia. Il suo braccio, appoggiato sul ginocchio, la mano penzola. Gli accarezzo il profilo con gli occhi mentre fissa lo spettacolo della natura davanti a noi. 
‘Si sta bene qui’ dice. 
Il suo sguardo è perso nella confessione appena fatta. Sembra quasi che si sia tolto un peso, uno di quelli belli grossi. A lui, di sicuro, la verità l' ha reso libero. 
‘E’ vero’ confermo. 
‘Stiamo bene io e te, qui’ aggiunge. 
‘Siamo sempre stati bene io e te qui’ sospiro. 
Mi pento immediatamente di quello che ho appena detto. Un senso di colpa opprimente si impadronisce di me ma sono impotente in questo momento. Il mio stomaco è in subbuglio, il mio cervello non risponde agli stimoli: l’ unica cosa a cui riesco a pensare sono le mani di Ettore. Vorrei che percorresse il mio perimetro lentamente, vorrei che scivolasse piano con le dita sulla mia pelle sudata. 
‘Elena, io…’
‘Ettore, non è possibile…’
Parliamo insieme. I nostri occhi si incrociano per un momento, si sorridono. Lo sento addosso senza che nemmeno mi tocchi: mi basta il suo sguardo, la sua voce. E’ questo il modo in cui le anime fanno l’ amore mentre i corpi sono distanti e io, in questo preciso momento, sto tradendo l’ uomo che sposerò fra qualche mese. Il mio corpo è fuori controllo: la mia mano si solleva piano e si appoggia sulla coscia di Ettore, la mia testa si appoggia nell’ incavo tra il collo e la testa e vi si incastra alla perfezione. 
Sento Ettore sorridere di quell’ inaspettato risvolto. Alza e abbassa la cassa toracica in un perfetto sincrono di respiri fino a rilassarsi completamente. Appoggia la sua mano sulla mia e sorride; le sue dita stringono quel tanto che basta a mandarmi in brodo di giuggiole. 
Non ho mai avuto paura di provare sentimenti. Mai, in tutta la mia vita, ho negato a me stessa l’ amore, la paura, il dolore, l’ odio, l’ eccitazione… nel bene e nel male, tutto questo, mi ha sempre fatta sentire viva. Ma adesso sono terrorizzata da quello che potrebbe accadere. Le farfalle nello stomaco mi confondono i pensieri, il calore della sua mano sulla mia risveglia emozioni assopite che spingono sulle porte per poter uscire ancora una volta. 
Poi, in un momento di pura lucidità mi rendo conto che questo, tra me ed Ettore, è un gioco pericoloso: le conseguenze potrebbero essere catastrofiche. Mi allontano da lui in un movimento veloce e sicuro. 
‘Riportami a casa per favore’ dico. Il mio tono di voce risulta assurdamente stridulo e isterico. 
‘Che ti è preso?’ chiede lui. 
‘Io sono fidanzata. Fidanzata. Mi sposo tra meno di tre mesi, Ettore. Questo mi prende!’ 
‘Elena non prenderti in giro con questa storia! Sai benissimo che tra di noi c’è qualcosa. Io lo sento, tu lo senti. Ci attiriamo come magneti; ci completiamo come due metà di un insieme. Non posso lasciarti andare ancora, non posso farlo un’ altra volta’ 
‘E’ proprio questo il punto, Ettore! Come diavolo fai a perdere una cosa che non è più tua? Sei stato un vile: hai preferito perdermi piuttosto che affrontarmi. Come pensi che possa sentirmi adesso? Che senso ha avuto confessarmi tutto ora che sono felice? Non hai avuto il coraggio di dirmelo quando ne avevo bisogno e non hai nemmeno trovato le palle di farlo negli ultimi cinque anni; perché ora? Perché adesso che sto per sposarmi?’ 
‘Cazzo Elena, non sei felice oppure non saresti qui! Hai ventisei anni, sei giovane, sei libera. Non sei in galera, non sei condannata a morte. Non negare a te stessa quello che senti’ 
‘Ho sempre odiato questa tua presunzione. Sei sempre stato convinto di sapere tutto. A diciotto anni può anche andare bene peccare di presunzione, a ventisei no. Devi accettare il fatto che tutto questo è causa tua. Riportami a casa Ettore. Ora’ 
Il mio tono di voce non ammette repliche: non c’è più nulla da dire. C’è solo da dirsi addio, stavolta davvero. 
‘Non ti voglio perdere un’ altra volta’ confessa. 
‘Non posso darti quello che vuoi, non più. Ettore come fai a non capirlo? Ti amavo più della mia stessa vita e tu hai deciso di scappare. Come credi che possa sentirmi io? Sei stato un vile, un vigliacco della peggio specie! Hai preferito perdermi piuttosto che mettere le carte in tavola e affrontarmi; affrontare la mia rabbia, le mie lacrime, il mio odio. Non hai avuto fiducia in me, in noi, e questo è un requisito fondamentale per una storia che funziona’ replico. 
‘Ti riporto a casa’ dice mesto. Il suo sguardo è basso e cupo, le pupille leggermente dilatate nonostante il sole sia accecante. Si sente fottutamente in colpa per avermi lasciato andare e, se devo essere onesta, il suo essere così pentito anche se non lo ammetterà mai per orgoglio, mi ripaga di mesi e mesi di lacrime.
Mi siedo sul morbido sedile in fondo alla barca, a debita distanza da lui. Il suo profilo è scolpito nella mia testa come un marchio. La sua voce è familiare come una canzone che non ti stanchi mai di ascoltare. E sono terrorizzata da tutto questo. Per quanto sia cosciente che sto per sposarmi, rivedere Ettore ha messo in discussione tanti punti della mia vita che credevo fossero saldi. 
Con una manovra perfetta, Ettore posteggia il gommone nello stretto spazio tra due barche. Mette in folle il motore che borbotta lentamente prima di zittirsi. Gira la chiave e afferra le cime per legare l’ imbarcazione al pontile. L’ ho visto fare questa sequenza di movimenti milioni di volte. E, come milioni di volte, anche oggi è tornato indietro per tendermi la mano. 
Scettica, poggio la mano sulla sua e mi aggrappo per salire sul molo. La sensazione di muovermi ancora, nonostante sia sulla terra ferma, mista allo sfarfallio per il tocco di Ettore, mi fanno vacillare. 
Cristo, che cosa mi sta succedendo?
‘Io vado’ annuncio. Sembra quasi un commiato. Mi paro dal sole con la mano destra e alzo la testa verso di lui. Senza tacchi non gli arrivo nemmeno alla spalla. 
Lui fa un cenno d’ assenso con la nuca ma io non mi muovo di un millimetro. 
Sono immobilizzata: il mio corpo non vuole allontanarsi dal suo. Il mio cuore batte all’ impazzata. 
Poi succede tutto in un secondo. 
Le sue mani sono sui miei fianchi. 
La borsa che tenevo stretta in mano cade a terra con un tonfo simile ad uno sbadiglio. 
Mi aggrappo al suo corpo nudo come non facevo da… sei anni. 
Le sue labbra sono sulle mie. 
Le mie si aprono sulle sue. 
I nostri corpi si fondono in un abbraccio bollente; le nostre lingue si incontrano come se non si fossero mai lasciate; le nostre mani si cercano; le nostre pelli si attirano come feltro. 
Mi gira la testa. Quel bacio contraddice tutto quello che gli ho detto finora: la verità è che Ettore non è mai uscito dal mio cuore.
Porca miseria! Sono in un gran bel pasticcio. 

Continua…




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